Quando l’innovazione incontra l’empatia, nascono soluzioni capaci di trasformare la vita delle persone. È questa la visione di Gioia Lucarini, CEO e Co-Founder di Relief, un’azienda che ha intrapreso la sfida di ripensare la gestione dell’incontinenza urinaria con un approccio che va oltre la tecnologia: puntando a restituire libertà e sicurezza ai pazienti.
In questa intervista alla redazione di Feminility Media, Gioia ci racconta come ha abbandonato il laboratorio per abbracciare il mondo imprenditoriale, costruendo un ponte tra ricerca e impatto sociale. La sua storia è quella di una donna determinata, che ha fatto della capacità di ascoltare il mercato e di adattarsi al cambiamento i pilastri del proprio successo.
Un dispositivo per restituire libertà e dignità: l’intervista a Gioia Lucarini, CEO di Relief
Relief ha sviluppato un dispositivo biomedicale innovativo per combattere l’incontinenza urinaria. Qual è stata la motivazione principale che ti ha spinto a dedicarti a questa problematica così importante e diffusa?
La motivazione principale è stata la possibilità di fare davvero la differenza nella vita delle persone, affrontando un problema estremamente diffuso ma spesso sottovalutato o poco discusso come l’incontinenza urinaria e ridando loro la dignità che loro spetta. Questo disturbo impatta pesantemente sulla qualità della vita e, per molte persone, può generare imbarazzo e isolamento sociale. Con Relief, l’obiettivo è quello di sviluppare una soluzione che non solo sia efficace e personalizzabile, ma che possa restituire a chi soffre di incontinenza la libertà e la sicurezza nelle attività quotidiane. Il nostro approccio mira a creare un dispositivo non invasivo che possa adattarsi alle esigenze anatomiche e di performance di ciascun paziente.
L’incontinenza è una condizione che ha un impatto significativo sulla qualità della vita di milioni di persone. Come pensi che il tuo dispositivo possa migliorare la vita quotidiana di chi ne soffre?
Il nostro dispositivo è progettato per offrire una soluzione discreta e personalizzabile, che si adatta alle esigenze specifiche di ogni paziente, sia a livello anatomico sia di performance. Grazie a questo approccio, puntiamo a migliorare il comfort e l’efficacia del trattamento, riducendo al minimo l’invasività e rendendo l’esperienza d’uso quanto più naturale possibile. In questo modo, chi soffre di incontinenza può ritrovare la propria serenità nelle attività quotidiane e nelle interazioni sociali, riconquistando la dignità che una condizione come questa può compromettere. Restituire la dignità significa permettere a queste persone di vivere pienamente e senza limitazioni, restituendo loro il controllo e la sicurezza in ogni ambito della vita.
Il tuo dispositivo è unisex, poco invasivo e si basa su una soluzione meccanica passiva. Quali sono le principali innovazioni tecnologiche che lo rendono unico rispetto ai dispositivi tradizionali, e come siete arrivati a questa scelta progettuale?
Il nostro dispositivo si distingue per diverse innovazioni tecnologiche che lo rendono unico rispetto alle soluzioni tradizionali. Prima di tutto, è stato progettato per essere personalizzabile sia a livello anatomico che di performance, garantendo una vestibilità ottimale e un comfort che si adatta alla specificità del corpo di ciascun paziente.
Inoltre, è un dispositivo non invasivo, il che rappresenta una svolta rispetto alle soluzioni chirurgiche o ai trattamenti più complessi comunemente utilizzati. Non richiede chirurgia e quindi può essere utilizzato anche per quei tipo di pazienti che non vogliono o non possono sottoporsi a chirurgia. La sua tecnologia integra materiali avanzati e design ergonomico che riducono al minimo la necessità di interventi invasivi, pur offrendo un controllo efficace dell’incontinenza. Inoltre il dispositivo può essere facilmente inserito e rimosso rendendolo eventualmente anche una soluzione transitoria. Questa combinazione di personalizzazione, comfort e non invasività consente ai pazienti di migliorare la propria qualità di vita, mantenendo una soluzione discreta e facile da usare, che si integra con la loro routine quotidiana senza comprometterne la dignità o la libertà di movimento.
Da ricercatrice a imprenditrice: come è stato il tuo percorso di transizione dal mondo accademico a quello imprenditoriale? Quali sono state le sfide più grandi che hai dovuto affrontare?
La transizione dal mondo della ricerca a quello imprenditoriale è stata un percorso ricco di sfide e di crescita personale. Da ricercatrice, ero abituata a concentrarmi sulla scoperta e sull’innovazione scientifica, lavorando in un ambiente dove l’approfondimento e la metodologia sono i punti centrali ma non riuscivo veramente a vedere l’impatto positivo sui pazienti, ogni scoperta di fermava al paper scientifico e non riuscivo ad avere un impatto positivo reale sulla vita delle persone. Tuttavia, quando mi sono lanciata come imprenditrice, ho subito capito che non bastava avere una buona idea: bisognava tradurla in un progetto concreto, sostenibile e capace di rispondere alle esigenze di mercato.
Una delle sfide più grandi è stata imparare a gestire aspetti come la raccolta fondi, il networking con investitori e stakeholder e la gestione delle risorse – aspetti cruciali per garantire la crescita e la stabilità di una startup. Anche il passaggio da un contesto individuale a un contesto di leadership e lavoro di squadra, con la responsabilità diretta verso il team e i partner, ha richiesto un adattamento significativo. Nonostante le difficoltà, la mia esperienza accademica, che non smetterò mai di ringraziare, mi ha dato una solida base per affrontare le sfide con metodo e perseveranza, e oggi trovo grande soddisfazione nel vedere un’idea di ricerca prendere vita come un prodotto reale, con l’obiettivo di migliorare la vita di molte persone.
Come donna imprenditrice in un settore biomedico ad alta tecnologia, quali ostacoli hai incontrato e come sei riuscita a superare le difficoltà legate all’innovazione in questo campo?
Essere una donna imprenditrice in un settore biomedico altamente tecnologico mi ha fatto incontrare diverse sfide, molte delle quali sono comuni a chiunque lavori in ambiti di innovazione, ma con delle sfumature specifiche per il mio caso. Uno degli ostacoli principali è sicuramente stato l’accesso ai finanziamenti. Nella fase iniziale, è stato difficile convincere gli investitori del potenziale del nostro dispositivo medico, soprattutto perché il mercato tende spesso a concentrarsi su soluzioni consolidate. Essere determinata e lavorare sulla presentazione del mio progetto, comunicando i vantaggi distintivi del dispositivo e la necessità di una soluzione innovativa, ha fatto la differenza.
Altro aspetto critico è stato il rapporto con il mondo medico e scientifico, dove, soprattutto per un’imprenditrice, può essere difficile ottenere il supporto e la credibilità necessaria. Ho imparato che l’innovazione ha bisogno di una rete di alleati e che il dialogo con i Key Opinion Leaders (KOLs) e l’istituzione di un Medical Advisory Board composto da esperti urologi e ginecologi di rilievo sono stati passi fondamentali per guadagnare fiducia e guidare le scelte strategiche con una visione orientata ai pazienti e alle loro esigenze.
L’inclusione e l’accessibilità sono temi chiave nel mondo biomedicale. Come credi che Relief possa contribuire a migliorare l’accesso a soluzioni sanitarie innovative per un pubblico più ampio, a prescindere da età e genere?
Relief è nata proprio con l’obiettivo di rendere le soluzioni sanitarie innovative più accessibili e personalizzabili per chi ne ha più bisogno, indipendentemente da età e genere. Credo fermamente che l’inclusione e l’accessibilità debbano essere considerati fin dalla progettazione di qualsiasi dispositivo medico, affinché ogni paziente possa ricevere un trattamento su misura, senza barriere economiche o limitazioni tecnologiche.
Uno dei modi in cui Relief mira a raggiungere questo obiettivo è attraverso la customizzazione del dispositivo: abbiamo sviluppato una soluzione passiva che può essere adattata alle caratteristiche anatomiche e di performance specifiche di ciascun paziente. Questo approccio permette di superare le limitazioni che, in passato, hanno fatto sì che i dispositivi fossero spesso tarati su criteri non inclusivi, risultando scomodi o non adatti a categorie specifiche di persone, come gli anziani o le donne. La possibilità di personalizzare i nostri dispositivi aiuta a garantire che ogni paziente possa ottenere un supporto sanitario che tenga conto delle sue esigenze specifiche. Inoltre, Relief cerca di ridurre i costi per i pazienti, esplorando soluzioni meno complesse e più economiche, senza compromettere la qualità. Il nostro dispositivo, infatti, è progettato per essere semplice da utilizzare e, grazie alla rete di partnership e collaborazioni, vogliamo renderlo disponibile anche in contesti in cui l’accesso a cure avanzate è più limitato. Infine, promuoviamo un dialogo costante con la comunità medica e i pazienti stessi per recepire le esigenze emergenti e i limiti dei trattamenti attuali. Attraverso il Medical Advisory Board e incontri periodici, come il meeting con i KOLs in programma per novembre, ci impegniamo a perfezionare i nostri prodotti e a mantenere un approccio centrato sulla persona, così da migliorare l’inclusione e offrire una soluzione versatile e accessibile a tutti.
Il dispositivo che avete sviluppato ha un impatto psicologico, economico e ambientale positivo. Come pensi che il futuro dell’innovazione biomedica possa contribuire a risolvere altre problematiche sociali?
Auspico che in un futuro prossimo l’innovazione biomedica permetta di avere soluzioni efficaci ed accessibili a tutti per tutti i tipi di patologie, quelle più gravi ma anche quelli meno gravi ma altamente impattanti sulla qualità di vita del paziente.
Essendo una delle finaliste del Premio GammaDonna, che tipo di messaggio o ispirazione vorresti trasmettere alle altre donne che aspirano a innovare nel settore biomedicale?
Essere finalista del Premio GammaDonna è un’opportunità straordinaria, e vorrei trasmettere un messaggio di coraggio e determinazione a tutte le donne che aspirano a innovare nel settore delle STEM e nel settore biomedicale. È fondamentale credere nel proprio potenziale e nelle proprie idee, anche quando il percorso può sembrare difficile o incerto.
L’innovazione richiede audacia, curiosità e la volontà di affrontare le sfide. Ogni ostacolo può diventare un’opportunità per imparare e crescere. Collaborare e costruire reti di sostegno con altre donne e professionisti del settore è essenziale: insieme possiamo fare la differenza, condividendo esperienze, risorse e idee.
Inoltre, non va sottovalutato il potere dell’esempio. Le nostre esperienze uniche e le nostre prospettive possono portare a soluzioni innovative che rispondono a reali esigenze. Bisogna essere aperte, sognare in grande e non avere paura di mettere in discussione lo status quo. La nostra passione e la nostra visione possono contribuire a creare un futuro migliore nel campo dell’innovazione, delle STEM e del biomedicale. Insieme possiamo ispirare e guidare un cambiamento positivo!
Relief è un progetto che ha l’obiettivo di rivoluzionare la gestione dell’incontinenza. Quali sono i prossimi passi che intendi compiere per espandere l’impatto del vostro dispositivo e come vedi il futuro della tua azienda?
Il nostro prodotto UroRelief non è ancora disponibile sul mercato, e ci attende un percorso regolatorio complesso. Continueremo a investire nella ricerca per perfezionare ulteriormente la tecnologia del dispositivo, garantendo che sia efficace, sicuro e facilmente utilizzabile dai pazienti. Inoltre, stiamo cercando di stabilire alleanze con cliniche, ospedali e professionisti del settore sanitario per testare il nostro dispositivo in contesti reali e raccogliere feedback preziosi. A tal proposito, a breve avvieremo uno studio pilota in collaborazione con l’Ospedale Niguarda di Milano, dove testeremo il nostro dispositivo su altri 20 pazienti.
Per quanto riguarda il futuro della mia azienda, lo vedo in una fase di crescita, mirata a massimizzare il valore aziendale. Aspiriamo a una possibile exit con importanti corporate che ci aiuteranno a rendere Relief accessibile a tutti i pazienti che lo desiderano, ripristinando dignità e qualità nella loro vita.
Infine, quanto ritieni importante che le donne abbiano un ruolo di leadership nell’innovazione biomedica e come pensi che iniziative come il Premio GammaDonna possano contribuire a dare maggiore visibilità a queste donne?
Ritengo che sia fondamentale che le donne ricoprano ruoli di leadership nell’innovazione. La diversità di pensiero e di esperienza è essenziale per affrontare le sfide complesse che il settore presenta. Le donne portano prospettive uniche, che possono arricchire il processo di innovazione e contribuire a soluzioni più complete e umane.
Iniziative come il Premio GammaDonna svolgono un ruolo cruciale nel dare visibilità alle donne nel campo dell’innovazione. Non solo celebrano i successi femminili, ma creano anche un ambiente di supporto e ispirazione. Attraverso il riconoscimento pubblico, si possono rompere gli stereotipi e dimostrare che le donne possono e devono occupare posizioni di leadership, contribuendo ad un cambiamento culturale positivo.
Inoltre, il premio e simili iniziative possono fornire opportunità di networking e collaborazione tra donne imprenditrici, facilitando scambi di idee e conoscenze. Questo aiuto reciproco è fondamentale per costruire una comunità di donne forti e determinate che si sostengono a vicenda, promuovendo un ecosistema imprenditoriale più inclusivo e innovativo. Perché il merito va al di là del genere.