Violenza ostetrica

Violenza ostetrica: esiste il reato?

Articolo di
Pubblicato il
Categoria

La violenza ostetrica è un fenomeno complesso e controverso che richiede una maggiore consapevolezza e attenzione. Esso si manifesta attraverso varie forme di abuso durante il processo di assistenza alla donna in gravidanza, durante il travaglio e il parto, e nel periodo post-partum.

Violenza ostetrica: come si può manifestare?

La violenza ostetrica non è limitata alle ostetriche, ma può coinvolgere tutti gli operatori sanitari che partecipano all’assistenza durante la gravidanza e il parto. Questa forma di violenza non si limita ai casi di malasanità estrema, ma può verificarsi anche in situazioni in cui vengono seguite procedure standard.

Interventi medici eccessivi

In alcuni casi, vengono eseguiti interventi medici non necessari o non concordati con la madre. Questi interventi possono includere tagli episiotomici, induzione del travaglio non giustificata, o cesarei non necessari.

Cure senza il consenso della madre

È fondamentale rispettare la volontà della donna riguardo alle procedure mediche e ai trattamenti. La violenza ostetrica si verifica quando vengono somministrate cure senza il consenso informato della madre.

Mancanza di rispetto della volontà e del corpo della donna

La mancanza di rispetto per la volontà della donna, la sua privacy e il suo corpo può essere considerata una forma di violenza ostetrica. Questo può includere atteggiamenti non rispettosi, mancanza di informazioni adeguate e comunicazione inadeguata.

Combattere la violenza ostetrica

Per combattere la violenza ostetrica, è essenziale promuovere la consapevolezza tra gli operatori sanitari, educare le donne sui loro diritti durante il processo di parto e creare ambienti rispettosi e informati. L’adozione di protocolli chiari e il coinvolgimento attivo delle donne nelle decisioni riguardanti la propria salute possono contribuire a prevenire e ridurre la violenza ostetrica. Inoltre, è fondamentale che esistano canali di segnalazione e meccanismi di responsabilizzazione per affrontare eventuali casi di violenza ostetrica e garantire un’assistenza materna rispettosa e centrata sulla paziente.

Violenza ostetrica
Canva

L’indagine dell’Osservatorio sulla violenza ostetrica

L’Osservatorio sulla violenza ostetrica ha condotto un’indagine in collaborazione con Doxa, analizzando un campione di 5 milioni di donne nel periodo di 14 anni (2003-2017). I risultati hanno rivelato una realtà allarmante e complessa:

  • Il 21% delle madri intervistate ha dichiarato di aver subito violenza ostetrica durante il parto.
  • Il 99% delle donne ha partorito in ospedale, ma il 14% di esse non opterebbe più per questa scelta. Allo stesso tempo, un altro 14% è indeciso se tornare o meno nella stessa struttura per una seconda gravidanza. Ciò evidenzia una percezione negativa dell’esperienza ospedaliera legata al parto.
  • Il 32% dei parti è stato cesareo, con un 15% d’urgenza, un 14% programmato su indicazione medica e il 4% per una scelta personale.
  • Il 41% delle donne intervistate ha subito pratiche lesive della propria dignità o integrità psicofisica. Questo sottolinea la presenza di violenze ostetriche sotto diverse forme durante il processo di parto.
  • Il 33% non si è sentito adeguatamente assistito.
  • Il 54% delle donne ha subito un’episiotomia, di cui il 61% è avvenuto senza il consenso informato. Il 15% di queste donne considera questa pratica una menomazione dei genitali.

Violenza ostetrica: Il contesto italiano

Nel contesto italiano, nonostante la presenza di eccellenti strutture sanitarie con bassi tassi di mortalità e morbilità materna e neonatale, emergono comunque pratiche che sollevano preoccupazioni in termini di eccessiva medicalizzazione.

Le Raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del 1985 forniscono linee guida per garantire un’assistenza rispettosa e basata sull’evidenza durante il travaglio, il parto e il post-partum. Tuttavia, come sottolineato, molte strutture sanitarie sembrano ignorare queste indicazioni. Alcuni comportamenti da evitare, secondo l’OMS, includono pratiche invasive come il clistere, la depilazione, la rottura delle membrane e la posizione obbligata durante il travaglio e il parto. Altre pratiche controverse comprendono il digiuno e il divieto di bere, l’episiotomia, le spinte sulla pancia (manovra di Kristeller) e il taglio precoce del cordone, nonché la separazione madre-neonato dopo il parto.

Queste procedure, se eseguite senza una precisa prescrizione medica o in assenza di necessità cliniche, possono essere considerate forme di violenza ostetrica. È importante sensibilizzare gli operatori sanitari, fornire formazione continua sul rispetto dei diritti delle donne durante il periodo perinatale e promuovere una cultura di assistenza centrata sulla donna. Inoltre, è cruciale che le autorità sanitarie monitorino e regolamentino le pratiche ospedaliere per garantire il rispetto delle linee guida internazionali e il benessere delle donne durante il processo di parto.

Esiste il reato di violenza ostetrica?

Il reato di violenza ostetrica non è ancora disciplinato da una legge specifica, ma ciò non significa che determinati comportamenti non possano essere considerati illeciti. Nonostante l’assenza di normative dirette, alcune azioni possono essere ricondotte a ipotesi giuridiche rilevanti sia in ambito civile che penale.

La violenza ostetrica potrebbe essere equiparata alla violenza privata, poiché implica una coercizione sulla libertà della donna. Costringere una persona a compiere azioni contro la propria volontà è considerato un reato, punibile fino a quattro anni di reclusione.

L’atto potrebbe configurarsi come reato di lesioni personali, qualora un intervento sanitario eseguito senza consenso provochi danni fisici o psicologici al soggetto interessato. In alcuni casi, la violenza ostetrica potrebbe essere considerata una forma di violenza sessuale, con conseguente reclusione tra i cinque e i dieci anni, se dimostrata in sede processuale.

Per quanto riguarda la denuncia di casi di violenza ostetrica, nonostante l’assenza di una normativa specifica, è possibile fare riferimento alle disposizioni esistenti relative alla violenza privata, alle lesioni personali o alla violenza sessuale. Le vittime possono contattare le autorità competenti e presentare una denuncia, avvalendosi dell’assistenza di un avvocato specializzato.

Inoltre, al di là dell’aspetto giuridico, le donne hanno il diritto di difendersi da eventuali abusi. Possono richiedere chiarimenti riguardo ai trattamenti proposti, rifiutare interventi non necessari come l’episiotomia, scegliere la posizione migliore durante il parto e partecipare attivamente alle decisioni riguardanti il taglio del cordone ombelicale. Gli operatori sanitari, d’altro canto, hanno l’obbligo di essere trasparenti sulle procedure attuate e di rispettare il diritto delle persone di essere informate sulle cure a cui vengono sottoposte.

Violenza ostetrica
Canva

Feminility è un magazine digitale, che ha l’obiettivo di educare la società a parlare di cosmo femminile in termini positivi. Di spiegare cos’è la femminilità, mettendo al centro le vite di donne straordinarie che hanno contribuito e contribuiscono a “rimodellare” il valore che si associa alle donne oggi.

articolo correlati

This website uses cookies to ensure you get the best experience on our website.