Il coinvolgimento del personale militare femminile nelle forze armate rappresenta un notevole sviluppo avvenuto in Italia a partire dall’anno 2000, quando è stata introdotta la legge n. 380/1999. Questa iniziativa costituisce uno dei pilastri fondamentali nel processo di trasformazione del panorama militare italiano nel corso dell’ultimo ventennio.
Attualmente, sia le Forze Armate che l’Arma dei Carabinieri, comprese le capitanerie di porto, annoverano quasi 18 mila donne nell’organico militare, corrispondenti a oltre il 6% del totale del personale militare. Questo dato sottolinea la significativa presenza femminile all’interno delle istituzioni militari, contribuendo a creare una forza armata più diversificata e rappresentativa.
Un indicatore del coinvolgimento attivo del personale militare femminile è emerso nel corso del 2022, durante il quale sono state partecipate con successo ben 17 missioni internazionali. Questo risultato è stato documentato nella Relazione analitica relativa alle missioni internazionali (maggio 2023).
La partecipazione delle donne in missioni internazionali evidenzia non solo la loro integrazione efficace all’interno delle forze armate, ma anche la competenza e l’adattabilità che contribuiscono al successo delle operazioni militari a livello globale.
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Personale militare femminile: dati statistici
Secondo gli ultimi dati statistici disponibili, in vigore al 31 dicembre 2021, le Forze Armate e l’Arma dei Carabinieri, comprese le capitanerie di porto, hanno registrato un totale di 19.138 unità di personale femminile. Questi numeri riflettono una costante crescita rispetto alle 15.995 unità presenti alla fine del 2018, alle 17.707 a fine 2019 e alle 17.945 unità a fine 2020, evidenziando un chiaro trend in aumento nel corso degli anni.
La distribuzione delle unità è suddivisa nei seguenti ruoli:
- 2.129 Ufficiali;
- 3.167 Sottufficiali;
- 13.029 Graduati e Militari di truppa;
- 813 Allievi di accademie e scuole militari.
Questi dati confermano non solo la presenza costante di donne all’interno delle forze armate, ma anche la loro rappresentanza in una varietà di ruoli e livelli gerarchici.
La significativa partecipazione femminile, inclusa la presenza di allieve in accademie e scuole militari, sottolinea l’impegno nel promuovere l’uguaglianza di genere e offre un quadro dettagliato della distribuzione delle donne all’interno delle diverse categorie professionali militari.
Donne nell’esercito: il reclutamento del personale militare
Per quanto concerne il reclutamento del personale militare femminile, è importante sottolineare che non sono presenti percorsi di selezione differenziati, ad eccezione delle valutazioni relative ad agilità, forza e resistenza. In alcuni concorsi, possono essere previsti parametri distinti per uomini e donne, seguendo un approccio analogo a quanto si verifica nella valutazione delle prestazioni sportive degli atleti.
Questo vuol dire che, mentre il processo di reclutamento è basato su criteri di merito e competenza comuni a entrambi i sessi, alcune prove specifiche possono tener conto delle differenze fisiologiche naturali.
Tale approccio mira a garantire che le valutazioni siano equilibrate e rispecchino le diverse esigenze fisiche richieste dal servizio militare, senza compromettere i principi fondamentali di uguaglianza di opportunità.
Formazione, addestramento e impiego del personale militare femminile
Nel contesto della formazione, dell’addestramento e dell’impiego del personale militare femminile, emerge un approccio di parità di opportunità e di trattamento all’interno delle Forze Armate italiane.
Formazione e addestramento
Nel processo formativo, non si registrano distinzioni significative tra uomini e donne, poiché entrambi frequentano gli stessi corsi presso gli istituti militari e le scuole di addestramento. Tuttavia, alcune misure di tutela sono previste per le donne in stato di gravidanza durante i corsi di formazione e specializzazione, così come per il personale con figli fino al dodicesimo anno di età che partecipa a corsi di formazione di base.
Per quanto riguarda la progressione di carriera, la Relazione sullo stato della disciplina militare e sull’organizzazione delle Forze Armate del 2021 proietta una valutazione per l’avanzamento al grado di Colonnello per il primo Ufficiale donna tra circa 3 anni. L’Arma dei Carabinieri già annovera Ufficiali donna nei gradi di Generale di Brigata e Colonnello, provenienti dal Corpo Forestale e dalla Polizia di Stato.
Impiego
Per quanto concerne l’impiego, il personale militare femminile svolge incarichi che non presentano distinzioni significative rispetto a quelli affidati alla componente maschile, sia sul territorio nazionale che nei principali teatri operativi, in vari ruoli, corpi e specialità.
La selezione del personale per incarichi presso organismi internazionali segue criteri basati su requisiti individuali e professionali, senza alcuna differenziazione di genere.
In ambito operativo, le donne militari sono coinvolte in diverse professioni, occupando ruoli chiave come piloti di aerei ed elicotteri, membri di equipaggi di carri armati e sottomarini, operatori nel controllo del territorio e responsabili di importanti porti lungo le coste del Paese.
Donne nell’esercito e missioni all’estero
Un aspetto da sottolineare è l’impegno italiano nelle missioni all’estero, dove la candidatura del personale militare femminile è favorita per ricoprire posizioni di Ufficiali di Staff e Osservatori militari nelle missioni a guida ONU.
Questo si allinea con la Risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, approvata nel 2000, che riconosce il contributo delle donne nella risoluzione dei conflitti e promuove una maggiore partecipazione femminile nei processi di mantenimento della pace e della sicurezza.
Female Engagement Team (FET)
Un caso di impiego differenziato sulla base del genere è rappresentato dai Female Engagement Team (FET), squadre specializzate composte da personale militare femminile che interagiscono con la popolazione locale femminile nei territori operativi. Questa iniziativa mira a consolidare il consenso della comunità verso il personale militare, creando un ambiente di cooperazione ottimale per il raggiungimento degli obiettivi della missione. (Relazione sullo stato della disciplina militare e sull’organizzazione delle Forze Armate, anno 2021, Doc. XXXVI n. 1).
Le donne nelle forze armate italiane
L’evoluzione del coinvolgimento delle donne nelle forze armate italiane ha attraversato diverse fasi significative nel corso della storia. Inizialmente, durante la Seconda Guerra Mondiale, le donne erano impiegate principalmente nei corpi ausiliari delle forze armate, come il “Corpo femminile volontario” istituito dalla Repubblica Sociale Italiana. Comandato dal generale di brigata Piera Gatteschi Fondelli, aveva una durata limitata al periodo bellico. In un contesto simile, nel Regno del Sud cobelligerante, sorse il Corpo di Assistenza Femminile (CAF), equiparato al grado di sottotenente, che operava sotto le insegne alleate.
Successivamente, nel 1959, nacque il Corpo di Polizia femminile, un’entità civile inserita nell’ordinamento militare vigente per la polizia. Tuttavia, il vero cambiamento avvenne nel 2000, quando l’Italia divenne l’ultimo membro della NATO a consentire l’ingresso delle donne nelle forze armate, attraverso la legge delega del 20 ottobre 1999, n. 380. Tale normativa, attuata con il decreto legislativo del 31 gennaio 2000, n. 24, e con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 marzo 2000, n. 112, sancì ufficialmente la possibilità di arruolamento volontario delle donne.
235º Reggimento fanteria “Piceno”: centro di addestramento femminile all’interno dell’Esercito italiano
A partire dal 2000, le donne sono diventate parte integrante di tutte le forze armate italiane, compresa la Guardia di Finanza, e sono impiegate in missioni militari all’estero. Un esempio rilevante è rappresentato dal 235º Reggimento fanteria “Piceno”, designato come centro di addestramento femminile all’interno dell’Esercito italiano.