Ogni anno, oltre 3 milioni di bambine africane sono costrette ad affrontare una cruda e molto dolorosa realtà: l’infibulazione femminile, meglio conosciuta come mutilazione genitale femminile.
La Mutilazione Genitale Femminile è una pratica cruenta che ha radici antiche e persiste ancor oggi in oltre 30 Paesi nel mondo. Questa procedura, consistente nella rimozione parziale o totale degli organi genitali femminili esterni, va al di là di una mera azione chirurgica. Ogni anno, oltre 3 milioni di bambine africane sono sottoposte a varie forme di mutilazione.
Infibulazione Femminile: Un Viaggio Tra Passato e Presente
La pratica dell’infibulazione femminile, nota anche come circoncisione femminile, affonda le sue radici in tempi così remoti che risalire all’origine precisa diventa un compito arduo. Testimonianze storiche, come quelle del celebre storico greco Erodoto nel V secolo a.C., conducono in antiche terre egiziane, descrivendo la consuetudine di sottoporre le bambine a questa pratica.
Conferme storiche emergono anche dalle scoperte archeologiche in Egitto, dove le caratteristiche di mutilazioni sono state individuate sui resti mummificati risalenti addirittura al 400 a.C. Se la pratica ebbe inizio durante l’era dei Faraoni o in epoche ancora più remote, rimane un mistero. Ciò che è certo è che nel corso del tempo, l’infibulazione femminile ha attraversato confini geografici, diffondendosi in varie regioni dell’Africa e oltre.
In un breve periodo storico, la pratica si è persino insinuata in occidente. Negli Anni ’60, la circoncisione femminile era praticata per motivi medici, presumibilmente per curare disturbi come l’isteria femminile. Tuttavia, l’evolversi delle conoscenze mediche ha smentito qualsiasi presunto beneficio, ma non ha arrestato la persistenza di questa pratica in diverse parti del mondo.
Oggi, è ampiamente diffusa in 30 Paesi africani e nel Medio Oriente. In sette di questi Paesi, la pratica è applicata su gran parte delle giovani ragazze, rappresentando una realtà cruenta e, dal punto di vista medico, del tutto ingiustificata. La sua accettazione continua a trovare radici nelle tradizioni culturali, alimentando una pratica che avanza con una determinazione inaccettabile.
Nonostante la presenza di leggi attive in 24 Paesi dell’Africa Sub-Sahariana, le cifre legate alla mutilazione genitale sono in declino solo in alcune realtà più istruite. Al contrario, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), più di 3 milioni di bambine ogni anno subiscono questa pratica, e le proiezioni per il futuro sono allarmanti. Con la rapida crescita demografica in Africa, si prevede che entro la fine del 2030 ben 68 milioni di bambine saranno vittime di una forma di mutilazione genitale.
Questo quadro spinge a riflettere non solo sulle origini remote di questa pratica, ma anche sulle sfide attuali e future che bisogna affrontare per mettere fine ad una violazione dei diritti umani tanto grave.
Il Crudele Rituale della Mutilazione Genitale Femminile: Una Disamina Dettagliata
La mutilazione genitale femminile è un oscuro capitolo che si snoda attraverso la vita di milioni di donne, una pratica brutale definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come qualsiasi procedura che comporti la rimozione parziale o totale degli organi genitali femminili esterni, senza alcuna ragione di natura medica.
Queste atroci procedure sono comunemente categorizzate in quattro livelli di gravità, che vanno dall’asportazione parziale o totale della clitoride all’infibulazione femminile, una pratica che comporta il restringimento dell’orifizio vaginale. Quest’ultima, nota per la necessità di una successiva riapertura chirurgica, è finalizzata a facilitare i rapporti sessuali o il parto. Le donne, spesso, sono sottoposte a ripetute infibulazioni e deinfibulazioni nel corso della vita, subendo un tormento inimmaginabile.
Le mutilazioni genitali femminili sono solitamente eseguite da donne della comunità, a cui è affidato questo macabro incarico. Gli uomini sono esclusi da questo cerimoniale e spesso ignorano le sofferenze inflitte alle ragazze durante l’operazione. Ciò avviene in condizioni igienico-sanitarie estremamente precarie, senza l’impiego di anestetici, antibiotici o materiale sterile, con un grave rischio di emorragie e infezioni.
Coloro che sopravvivono a questo tormento affrontano gravi conseguenze a lungo termine. Le difficoltà nei rapporti sessuali, le frequenti infezioni al tratto urinario e l’alto rischio di morte durante il parto, sia per la madre che per il feto, diventano una parte angosciante della vita di chi ha subito l’infibulazione.
Questo rituale crudele non solo segna fisicamente le donne, ma ne determina anche il destino, intrappolandole in un ciclo di dolore, sofferenza e rischio per tutta la vita. La comunità maschile deve essere coinvolta per porre fine a questa pratica inaccettabile. Solo con un impegno globale e un’educazione diffusa è possibile sperare di porre fine a questa violazione dei diritti umani e garantire un futuro migliore per le generazioni a venire.
Le Conseguenze Profonde dell’Infibulazione Femminile
Il destino delle bambine sottoposte all’infibulazione femminile è segnato da una realtà crudele e sconvolgente. In molte circostanze, le giovani sono consapevoli che la pratica si profila nel loro futuro, ma vengono tenute all’oscuro sui dettagli e sulle devastanti conseguenze che ne derivano. In alcuni casi, la cerimonia viene eseguita senza alcuna preparazione, lasciando le bambine vulnerabili alle conseguenze fisiche e psicologiche di questo atto orribile.
Oltre ai gravi rischi per la salute, sia a breve che a lungo termine, le Mutilazioni Genitali Femminili generano frequentemente problemi psicologici derivati dalla traumaticità dell’evento e dal dolore atroce patito durante l’operazione. Questo rito, tradizionalmente inteso a segnare il passaggio delle bambine all’età adulta, le condanna invece a un circolo di ingiustizia che le costringe ad abbandonare gli studi e ad affrontare il matrimonio in giovanissima età.
La pratica della mutilazione genitale femminile affonda le sue radici in antichi cerimoniali che segnavano il passaggio dall’infanzia all’età adulta, coinvolgendo tutti i membri della comunità, uomini e donne. Ancora oggi, le famiglie sono spinte a sottoporre le bambine a questo rito di passaggio per motivi legati a vecchie credenze. Si crede che la procedura apporti benefici igienici ed estetici, promuova la fertilità delle ragazze e preservi la loro reputazione.
Affrontare l’operazione è considerato un segno di forza e coraggio di fronte alla comunità, tanto che alle bambine viene richiesto di non piangere durante la pratica. In molte comunità, le ragazze non circoncise sono escluse dalla possibilità di matrimonio e vengono considerate indegne e impure.
Anche chi è profondamente radicato nelle tradizioni africane spesso reagisce con repulsione all’idea della circoncisione femminile e all’allarmante diffusione di questa pratica. Tale repulsione è ancora più accentuata tra coloro che non sono familiari con le diverse culture dell’Africa.
Nonostante la necessità impellente di porre fine a questa pratica, universalmente riconosciuta come una violazione dei diritti umani, è altrettanto essenziale comprendere le motivazioni profonde che spingono le famiglie e le comunità rurali africane a perpetuare le mutilazioni genitali femminili. Attraverso una comprensione approfondita e il rispetto delle tradizioni locali è possibile sperare di intervenire in modo efficace, lavorando verso una vittoria a lungo termine contro questa atroce pratica.
Riti Alternativi alla Mutilazione Genitale Femminile: Una Via Verso il Cambiamento?
Gli operatori di Amref collaborano da anni con le comunità Maasai del Kenya. L’obiettivo è coinvolgere le comunità stesse nella selezione e nell’istituzione di pratiche alternative alla circoncisione femminile, che conservino le caratteristiche tradizionali e indispensabili delle celebrazioni legate al passaggio all’età adulta.
Sebbene queste alternative siano ancora in fase di adozione, i riti di passaggio alternativi stanno dimostrando di ottenere risultati positivi per la salute in Africa. L’impegno sul campo ha già portato al risparmio di oltre 20.000 bambine dalla mutilazione genitale femminile, segnando solo l’inizio di una battaglia ben più ampia.
Amref si impegna a contribuire all’ambizioso obiettivo dell’ONU di eradicare completamente l’infibulazione femminile in tutte le sue forme entro il 2030. Questo impegno non si limita all’operato diretto sul campo, ma coinvolge anche ambasciatori, organizzazioni non governative, istituti di ricerca e donatori generosi.