La storia del diritto di voto alle donne in Italia può essere tracciata dal periodo dell’Unità d’Italia nel 1861 fino al 1946. Subito dopo l’Unità, emersero già i primi movimenti femminili che richiedevano l’estensione dei diritti precedentemente concessi solo alle donne delle regioni lombarde, venete e toscane, affinché fossero applicati a tutte le italiane. Nonostante lo Statuto Albertino e il codice civile Pisanelli del 1865 avessero posto la donna sotto la tutela del marito, ciò non fermò la crescita di ulteriori movimenti e associazioni che sostennero petizioni, come quella promossa da Anna Maria Mozzoni, giornalista e attivista politica milanese.
Diritto di voto alle donne in Italia: dai primi movimenti femministi fino al 1906
Nel 1880, Anna Mozzoni e Paolina Schiff fondarono la Lega Promotrice degli Interessi Femminili, mentre riviste significative come “Il Periodico Femminile” nel 1901 ospitarono dichiarazioni audaci come quelle di Elisa Boschetti: “Noi, e soltanto noi, dobbiamo essere le fautrici delle nostre libertà”. Nel 1906, dieci maestre avanzarono la richiesta di essere iscritte alle liste elettorali, un’istanza che fu accolta dalla Corte di Appello di Ancona.
L’abolizione dell’autorità maritale sulle donne
Nel 1907, Anna Mozzoni presentò una mozione per il Voto politico e amministrativo femminile alla Camera dei Deputati, ma nonostante un acceso dibattito, una commissione specifica respinse la proposta dopo due anni di studi. La discussione sui diritti delle donne continuò intensamente, con Anna Kiluscioff che criticò la “misoginia elettorale dei socialisti“. Durante la Prima Guerra Mondiale, le donne furono attivamente coinvolte nel mondo del lavoro, dai campi alle fabbriche. Nel 1919, la Camera votò a favore dell’abolizione dell’autorità maritale sulle donne.
La posizione della Chiesa cattolica
La posizione della Chiesa cattolica, e in particolare del Vaticano, si mostrava favorevole al coinvolgimento attivo delle donne. Il 21 ottobre 1945, Papa Pio XII espone chiaramente il suo punto di vista affermando: “Ogni donna, quindi, senza eccezione, ha il dovere, un dovere imprescindibile di coscienza, di non rimanere inattiva, ma di entrare in azione per contrastare le correnti che minacciano il focolare, per combattere le dottrine che minano le sue fondamenta, e per contribuire a preparare, organizzare e realizzare la sua restaurazione”.
Francesco Saverio Nitti propose l’estensione del diritto di voto alle donne
Va riconosciuto, per completezza storica, che il primo dibattito sul suffragio universale si aprì già nel lontano 1912 con Giolitti. Nel 1919, Francesco Saverio Nitti propose l’estensione del diritto di voto politico e amministrativo alle donne, tuttavia, il progetto non giunse all’esame delle Camere. Successivamente, nel 1923, Benito Mussolini introdusse il suffragio amministrativo femminile. Questa iniziativa, però, si scontrò con la riforma degli enti locali promossa dal regime fascista.
Diritto di voto per le donne ed elezioni amministrative del 1946
Solo dopo la Seconda Guerra Mondiale, con il coinvolgimento femminile nella Resistenza e nella lotta di Liberazione, le donne ottennero finalmente il riconoscimento delle loro richieste.
Il primo febbraio del 1945 venne emanato il decreto legislativo luogotenenziale n. 23 attraverso cui il Consiglio dei Ministri approvò il diritto di voto per le donne sopra i 21 anni.
Nel corso delle elezioni amministrative del 1946, alle quali le donne parteciparono in modo attivo, si registrarono notevoli sviluppi. L’importanza dell’impegno femminile si manifestò in modo significativo il 2 giugno 1946, data in cui si tenne il primo voto su scala nazionale. In questa giornata storica, i cittadini italiani parteciparono al referendum istituzionale, il quale sancì la fondazione della Repubblica italiana. Simultaneamente, si svolsero le elezioni politiche per l’Assemblea Costituente, contribuendo così a plasmare il futuro assetto istituzionale del Paese.
Eleggibilità femminile
Con il decreto del marzo 1945, fu anche approvata l’eleggibilità femminile. Nella prima tornata elettorale del marzo 1946, ben 2000 donne si candidarono e 21 furono elette nel giugno 1946, segnando la prima volta che le donne entrarono a far parte del Parlamento italiano.
“Donne, tutte sorgete! Il vostro primo dovere in questo momento sociale è di chiedere il voto politico”
Una forte sostenitrice del diritto di voto femminile fu la pedagogista Maria Montessori, la quale nel 1906 pubblicò un appello sul giornale “La Vita”. Nell’articolo, esortò tutte le donne italiane a presentarsi ai seggi e a esercitare il loro diritto di voto, dichiarando: “Donne, tutte sorgete! Il vostro primo dovere in questo momento sociale è di chiedere il voto politico”.
Il fervore per il diritto di voto fu alimentato anche dal movimento delle Suffragette inglesi. Già nel 1832, in Gran Bretagna, era stato concesso il suffragio femminile, sebbene inizialmente solo nelle elezioni locali. Tuttavia, dal 2 luglio 1928, questo diritto fu esteso a tutte le donne inglesi. La Nuova Zelanda fu il primo paese a ottenere il suffragio universale, poiché tutte le donne della nazione furono chiamate al voto già nel 1893.
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